La Storia


La grande area boschiva chiamata Bosco della Saliceta si estendeva tra Camposanto, San Felice, Medolla e San Prospero e comprendeva querce, ontani, salici, olmi, aceri, frassini, pioppi.


Durante il medioevo appartenne all’abbazia di Nonantola; i monaci benedettini avviarono opere di bonifica del territorio, fecero costruire canali per l’irrigazione dei campi e per il trasporto delle merci e del legname.


Successivamente il territorio passò ai duchi di Modena, che completarono nel corso del XV secolo i lavori di canalizzazione e creazione di scoli (Vallicella e Dogaro), e continuarono a sfruttare il legname del bosco, che, attraverso il Panaro, raggiungeva via mare Ferrara e Venezia. Il bosco era riserva di caccia dei duca; chi fosse stato scoperto a cacciare nella proprietà senza autorizzazione ducale era punito severamente. L’estensione dell’area boschiva al momento dell’acquisizione degli Estensi è di oltre 500 ettari.


Fin dall’epoca medievale, il taglio del legname era organizzato per aree e avveniva a lunghi intervalli temporali, in modo da permettere la crescita degli alberi; questo sistema si regolarizzò durante il periodo degli Estensi con una suddivisione in sedici aree quadrangolari di circa 35 ettari ognuna, alternando per ogni area periodi di crescita e tagli. Nel corso dei secoli, il ciclo del legname venne accelerato sempre di più, degradando progressivamente la maestosità del bosco.


A partire dagli anni trenta dell’800, gli Estensi iniziarono la coltivazione del riso nella zona dei Prati Livelli; a loro si aggiunsero altri proprietari della zona, allargando disboscamenti e allagamenti, con conseguenti profondi cambiamenti nell’ecosistema naturale e nelle modalità di regolazione dei canali esistente da secoli. La limitatezza dei rendimenti delle risaie, ma soprattutto l’aumento dell’umidità e relative conseguenze sulla salute della popolazione, fecero ridurre gradualmente la coltivazione del riso, fino a cessare agli inizi del ‘900.


Con l’Unità d’Italia il Bosco divenne proprietà del re Vittorio Emanuele II; ceduto in affitto e poi venduto a vari nobili, dal 1909 diventa proprietà del conte di Carrobbio di Massa Finalese, che fece costruire una carbonaia, una segheria, magazzini, una ferrovia interna per il trasporto dei materiali.

Queste strutture vennero utilizzate nel corso della seconda guerra mondiale dai tedeschi come deposito di munizioni; il bosco divenne campo di lavoro per i prigioneri internati. Ripetutamente bombardato, nel gennaio del ‘45 fu abbandonato dai tedeschi.


Nell’immediato dopoguerra, in un momento di grave povertà e disoccupazione, il Bosco rappresentò per molta gente una possibilità di lavoro e sostentamento; dopo lunghe trattative e pesanti polemiche, la proprietà venne venduta dal Carrobbio, disboscato e diviso in 80 piccole proprietà e case coloniche.


La messa a coltura del terreno boschivo fu particolarmente onerosa e soprattutto privò il nostro territorio di un patrimonio naturale che si era per buona parte conservato nel corso del tempo.


Bibliografia

Galleria

Bosco della Saliceta: il progetto UCMAN

Area di riequilibrio ecologico Bosco della Saliceta